Nel nero della scena, due schiere di teste animatroniche. Da una parte gli adulti: i genitori, il preside, l’infermiera della scuola. Dall’altra i giovani maschi, giovani padri esclusi e forse inconsapevoli. Sono tutti appesi come trofei di caccia, inchiodati con le spalle al muro da una vicenda che li ha trovati impreparati. I fatti sono realmente accaduti nella scuola superiore di Gloucester, in Massachusetts. Diciotto ragazze incinte contemporaneamente – numero quattro volte sopra la media – e non per tutte sembra trattarsi di un incidente. Alcune delle giovani avrebbero pianificato insieme la loro gravidanza, come parte di un patto segreto, per crescere i bambini in una specie di comune femminile. Giornalisti da ogni dove accorrono nel tentativo di trovare una spiegazione per un patto di maternità così sconvolgente: una di loro confessa di aver voluto creare un piccolo mondo nuovo dopo aver assistito a un femminicidio.
“Ho continuato a cercare notizie su Gloucester, per capire in che contesto sociale aveva potuto mettere radici l’idea di un patto di maternità così sconvolgente. Il capo della polizia di Gloucester ha rivelato come non passasse letteralmente giorno senza che il suo dipartimento ricevesse una segnalazione di violenza maschile in famiglia. I dati che fornisce sono impressionanti: 380 chiamate per violenza domestica in un anno (più di una al giorno) e 179 arresti. In una cittadina di 30.000 abitanti. Questa situazione ha spinto 500 uomini a organizzare una marcia nelle strade della cittadina per sensibilizzare la comunità al problema. Uomini contro la violenza, così si sono autodefiniti. L’idea che sta alla base di Sorry, boys è che a Gloucester, la contestualità tra il patto di maternità delle 18 ragazze e la marcia degli uomini contro la violenza maschile, non sia stata una coincidenza ma che abbia a che fare con il modello di mascolinità che la società impone agli uomini.” (Marta Cuscunà)
In questa terza tappa del suo progetto sulle “resistenze femminili”, dopo È bello vivere liberi e La semplicità ingannata (già ospitati all’Asioli), Marta Cuscunà fa anche un ulteriore passo avanti nel suo lavoro di innovazione (anche tecnica) del teatro di figura e di manipolazione di oggetti – in questo caso maschere – a cui dà voce, carattere, intensità straordinaria.
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione teste mozze Paola Villani
assistenza alla regia Marco Rogante
animazioni grafiche Andrea Pizzalis
coproduzione Centrale Fies
cura Etnorama – Cultura per nuovi ecosistemi