Nel 1943, Rose, sorella di Tennessee Williams, subisce un intervento di lobotomia con il consenso della madre. Questa vicenda segna indelebilmente la vita del drammaturgo statunitense al punto da ispirarne la scrittura di questo celeberrimo testo, una delle opere più autobiografiche, più sorprendenti e personali dell’autore americano, un dramma carico di simboli e visioni che si sviluppa come una sorta di thriller psicologico in un vortice claustrofobico di tensione e violenza.
Il motore narrativo del testo è il mistero che ruota attorno all’improvvisa morte di Sebastian ed è giocato sulle versioni contrapposte delle due donne protagoniste: Violet, la madre di Sebastian, e Catherine, la cugina che ha trascorso con lui l’ultima estate in Spagna. Al dottor Sugar, lo psichiatra incaricato di operare di lobotomia la giovane Catherine, spetta il compito di indagare la scomoda verità sulle circostanze della morte di Sebastian. Miss Violet è disposta a tutto pur di far tacere la nipote che ha assistito alla morte del figlio e difendere la reputazione sua e della famiglia.
Come spesso accade nei testi di Williams, il conflitto tra apparenza e verità diventa centrale nello sviluppo della storia ma qui assume contorni ancora più inquietanti e ancestrali, a partire dall’ambientazione: un giardino/giungla tropicale davanti alla villa di famiglia dove Sebastian, aspirante poeta, trascorreva la maggior parte del tempo a comporre le sue opere, tra piante carnivore e uccelli predatori.
Improvvisamente l’estate scorsa è una disturbante discesa agli inferi animata da personaggi che sono vittime e carnefici allo stesso tempo. I gesti d’affetto diventano strumenti di manipolazione per ottenere soldi, sesso o per nascondere la verità. Il mondo che Williams descrive è desolante, crudo, a un passo dalla pazzia; anche i concetti di arte e fede sembrano svuotarsi pian piano di senso.
Tanti elementi del testo rimandano alla “creazione” (artistica, biblica, biologica) ma è come se l’autore vedesse nella distruzione l’unica opzione possibile per raggiungere la catarsi. La scena diventa così lo spazio della memoria, in cui ricordi e traumi si confondono in un una sovrapposizione di simboli che rimanda al meccanismo dei sogni.
Nei panni di Violet è la straordinaria Laura Marinoni, che vent’anni fa ha interpretato il ruolo di Catherine (con Rossella Falk in quello di Violet, con la regia di Patroni Griffi) e successivamente si è ancora calata nel mondo di Tennessee Williams interpretando una memorabile Blanche in Un tram che si chiama desiderio diretto da Antonio Latella (entrambi gli spettacoli sono stati ospitati all’Asioli).
di Tennessee Williams
traduzione Monica Capuani
con Laura Marinoni e (in ordine alfabetico) Elena Callegari, Ion Donà, Leda Kreider, Edoardo Ribatto
regia Stefano Cordella
aiuto regia Noemi Radice
scene Guido Buganza
costumi Ilaria Ariemme
disegno luci Marzio Picchetti
suono Gianluca Agostini
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Carcano